mercoledì 11 giugno 2008

Cara Maestra

Al tempo delle superiori invece di leggere i soliti Manzoni, Verga, Pirandello etc dedicai molto tempo alla letteratura americana degli anni 50. Partendo da Hemingway per passare a Scott Fitzgerald arrivando a Kerouac e Salinger.
Fu il mio professore di inglese a ispirare queste letture, l'inglese non l'ho ancora imparato ma lessi tante pagine alcune belle, altre passabili e altre indimenticabili come le storie del "Giovane Holden".
Leggendo gli autori americani scoprii come furono portati in Italia, tradotti da Pavese, Vittorini e Fernanda Pivano. E così quasi per caso mi immersi nelle parole di Vittorini, Calvino e Pavese ed è questo ultimo quello che ho preferito.

E le parole di Pavese, per un'associazione piuttosto banale, le immagino sempre accompagnate dalle canzoni di Luigi tenco. Oggi ne scelgo una che malinconicamente trovo ancora tragicamente capace di insegnare qualcosa.

Cara maestra
un giorno m’insegnavi
che a questo mondo noi,
noi siamo tutti uguali,
ma quando entrava in classe il direttore
tu ci facevi alzare tutti in piedi
e quando entrava in classe il bidello
ci permettevi di restar seduti.

Mio buon curato
dicevi che la chiesa
è la casa dei poveri,
della povera gente,
però hai rivestito la tua chiesa
di tende d’oro e marmi colorati;
come può adesso un povero che entra
sentirsi come fosse a casa sua.

Egregio sindaco
mi hanno detto che un giorno
tu gridavi alla gente
«vincere o morire».
Ora vorrei sapere come mai
vinto non hai eppure non sei morto
e al posto tuo è morta tanta gente
che non voleva né vincere né morire

Luigi Tenco 1962

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